Roccaforte in epoca normanna e luogo pasoliniano in età contemporanea: il castello di Casertavecchia tra storia e leggenda.

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Percorrendo le antiche strade di “Casa hirta” , l’attuale borgo di Casertavecchia posto a circa 400 metri sul livello del mare, è possibile ancora oggi ammirare in tutto il suo fascino quello che, a livello urbanistico e architettonico, rappresenta il simbolo indiscusso della medievalità: il castello di Casertavecchia.

Risalente all’epoca longobarda e databile intorno all’861, appartenne originariamente al conte di Capua, un tale Pandone il Rapace, appellativo attribuitogli in seguito a una lunga e cruenta contesa familiare per motivi dinastici e territoriali che si concluse con la prepotente vittoria di quest’ultimo.
Inizialmente adibito a luogo destinato ad accogliere occasionalmente abitanti e animali, in epoca normanna, con l’aumento delle invasioni e scorrerie saracene, esso assunse la funzione di un vero e proprio castrum, ovvero castello-fortezza al tempo di Federico II di Svevia il cui nome rimarrà indissolubilmente legato a questo luogo, dal momento che la figlia Violante andò in sposa a Riccardo di Lauro, giovane conte che, dopo la morte del padre, aveva ereditato la contea di Caserta, sotto la tutela della madre Siffridina la cui anima, secondo la leggenda, ancora aleggia tra i meandri del castello.
Di dominazione in dominazione, il castello divenne poi centro del potere degli Angioini, conoscendo un periodo di relativa prosperità alternata a momenti di declino in cui la struttura persa la sua importanza che si eclissò completamente durante il periodo borbonico.
 
Il castello in origine constava di quattro torri difensive; attualmente conserva due grandi sale e il mastio, ovvero la torre che, con i suoi 32 metri di altezza, sovrasta la cima dei monti Tifatini e rappresenta la parte più caratteristica dell’intera struttura.
Si narra, infatti, che la torre fu protagonista di una contesa con la torre francese di Aiuges Mortes per decretarsi il titolo di torre più alta e la leggenda vuole che, giunto a Caserta il giudice incaricato di dirimere la contesa, fu accolto nel castello con un banchetto durante il quale fu fatto ubriacare per scoprire l’altezza della torre rivale.
Saputane, attraverso l’inganno, la misura esatta; i Casertani durante la notte scavarono in profondità di circa un metro il terriccio che circondava la torre affinché quest’ultima risultasse più alta di quella francese al momento della rilevazione.
L’atmosfera di un luogo che sembra quasi sospeso in uno spazio senza tempo, ispirò anche il rivoluzionario scrittore, poeta e regista Pier Paolo Pasolini che lo scelse quale ambientazione ad hoc per il film Decameron del 1971, dove esso appare in una della prime scene relative alla novella di Andreuccio da Perugia.
Luogo, dunque, reso eterno prima dalla storia, poi dalla leggenda e infine nobilitato attraverso il grande cinema pasoliniano.

Dott.ssa Nerone Valeria

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